L. ROSSETTI - INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA ANTICA (1998)


Intertestualità

Un testo può ben essere un ‘mosaico’ di citazioni, alcune delle quali non sono dichiarate ma solo lasciate alla capacità di qualche lettore di accorgersene immediatamente (perché conosce e ricorda piuttosto bene anche l’altro testo). Empedocle, per esempio, "ricicla" volentieri delle espressioni che sono (sono state) di Parmenide. Se leggessimo Empedocle senza tener presente Parmenide, non ce ne renderemmo conto. Viceversa rendersene conto può rivelarsi utile per comprendere meglio sia l’animus con cui Empedocle ha riconfigurato ciò che veniva parzialmente riproducendo, sia che cosa egli ha capito di Parmenide (eventualmente che cosa ha frainteso, più o meno di proposito). — Qualcosa del genere accade, del resto, anche "a valle", nel senso che il lettore tende a ‘vedere ciò che si attende da un certo testo (col rischio di ravvisarvi, talora, qualcosa che in esso non figura) in base alla sua cultura, al posto che la tradizione ha assegnato a quel dato testo o autore, a come se ne è parlato nel frattempo in storie, enciclopedie, monografie ed altri scritti. Di conseguenza il lettore terminale non legge semplicemente un certo testo di Epicuro, ma ingloba in ciò che legge tutto quello che nel frattempo ha appreso sul suo conto. Nella mente del lettore si realizza pertanto un secondo livello di intertestualità, la cui incidenza viene facilmente sottovalutata.


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